Arcabas, I discepoli di Emmaus, 1992, Aubigny-les-Pothées
Francia, Ardenne – Carmel de la Fontaine Olive
Nella scena dipinta da Arcabas i due discepoli che erano diretti verso Emmaus (Lc 24,13-15) siedono a mensa con il Cristo Risorto, ma sembra che non se ne rendano conto.
Seduti ai lati di una tavola appena accennata, sono intenti a parlare fra loro, quasi ignari del compagno, quasi estranei a ciò che sta accadendo, eppure i loro volti sono illuminati dalla luce che viene dal Cristo.
Arcabas rappresenta Gesù su uno sfondo rosso e oro che lo avvolge mettendo in risalto la sua figura. Tutto il suo corpo è luce che emana luce. Sulle sue mani e sui piedi non si notano i segni lasciati dai chiodi della crocifissione e, con questo particolare, l’artista vuole dirci che la relazione con il Risorto non si realizza mediante il “vedere” e il “toccare”, ma mediante l’ascolto della Parola e nel “pasto sacramentale”.
Gesù spezza il pane-suo Corpo; offre il vino-suo Sangue, come evocato dal colore del liquido nel bicchiere vicino a lui; e continua ad “aprire” le Scritture, come è suggerito dalla forma del pane, che richiama quella di un libro che viene aperto.
Le parole di San Giovanni Paolo II illuminano le parole di Luca: “Sulla strada dei nostri interrogativi e delle nostre inquietudini, talvolta delle nostre cocenti delusioni, il divino Viandante continua a farsi nostro compagno per introdurci, con l’interpretazione delle Scritture, alla comprensione dei misteri di Dio. Quando l’incontro diventa pieno, alla luce della Parola subentra quella che scaturisce dal “Pane di vita”, con cui Cristo adempie in modo sommo la sua promessa di “stare con noi tutti i giorni fino alla fine del mondo” (Mane nobiscum Domine, n.2).
M.F. Tricarico – M.L. Mazzarello, Il mistero di Gesù nell’arte, Elledici – Il Capitello